venerdì 4 marzo 2011

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Uno scrittore non ha niente da dare se non quello che scrive. Al lettore non deve nient'altro che la disponibilità della pagina stampata [...] Il miglior lettore e il miglior essere umano sono quelli che mi fanno la grazia della loro assenza.

La maggior parte della gente non è preparata alla morte, alla propria o a quella di chicchessia. Ne sono scioccati, terrorizzati. E' come una grossa sorpresa. Che diavolo, non dovrebbe esserlo. Io mi porto la morte nel taschino. A volte la tiro fuori e le parlo: "Ciao bella come va ? Quand'è che vieni a prendermi? Sono pronto".
Nella morte non c'è niente di triste, non più di quanto ce ne sia nello sbocciare di un fiore. La cosa terribile non è la morte, ma le vite che la gente vive o non vive fino alla morte. Non fanno onore alla propria vita, la pisciano via. La cagano fuori. Muti idioti. Troppo presi a scopare, film, soldi, famiglia, scopare. Hanno la testa piena di ovatta. Mandano giù Dio senza pensare, mandano giù la patria senza pensare. Dopo un po' dimenticano anche come si fa a pensare, lasciano che siano gli altri a pensare per loro. Hanno il cervello imbottito di ovatta. Sono brutti, parlano male, camminano male. Gli suoni la grande musica dei secoli ma loro non sentono. Per molti la morte è una formalità. C'è rimasto ben poco che possa morire.

[...] Se c'è una cosa che la morte non può soffrire è che si rida di lei. Una buona risata può fregare qualsiasi handicap.

Per me scrivere è volare, è accendere un fuoco [...] Per scrivere non basta il dolore, ci vuole uno scrittore.

E' strano. La notte va sempre tutto bene, di notte scrivo. E' delle giornate che bisogna sbarazzarsi. In un certo senso sono anche malato. Non guardo in faccia la realtà. Ma chi diavolo ha voglia di farlo?

Poi, a un tratto, la sera è diventata notte. A volte non hai il tempo di accorgertene, Le cose capitano in pochi secondi. Tutto cambia. Sei vivo. Sei morto. E il mondo va avanti.
Siamo sottili come carta. Viviamo sul filo delle percentuali, temporaneamente. E questo è il bello e il brutto, il fattore tempo. E non ci si può fare niente. Puoi startene in  cima a una montagna a meditare per decenni e non cambierà una virgola. Puoi cambiare te stesso e fartene una ragione, ma forse anche questo è sbagliato. Magari pensiamo troppo. Sentire di più, pensare di meno.

Mi piace il modo in cui i filosofi demoliscono i concetti e le teorie che li hanno preceduti. Succede da secoli. No, dicono, non è così. E' così, invece. Succede continuamente e questa spinta in avanti sembra molto sensata. Il problema più grosso per i filosofi è che devono umanizzare il loro linguaggio, renderlo più accessibile, così i pensieri si illuminano meglio, sono ancora più interessanti. Credo stiano imparando. La chiave è la semplicità.
Scrivendo bisogna scivolare via. Le parole magari saranno monche e smozzicate, ma se scivolano via, allora c'è un piacere che rischiara tutto quanto. La scrittura accurata è una scrittura mortale. Credo che Sherwood Anderson sia stato fra i più bravi a giocare con le parole come fossero pietre, o pezzi di roba da mangiare. Lui DIPINGEVA le parole sulla carta. Ed erano così semplici che si sentivano flussi di luce, porte che si aprivano, pareti che luccicavano. Si vedevano tappeti, scarpe e dita. Lui aveva le parole. Delizioso. Eppure, erano anche come proiettili. Sapevano buttarti giù.

Ma per tutti noi, ancora adesso, la riga successiva è sempre là e può essere la riga che finalmente ce la fa, che finalmente dice ciò che vuole dire.

Ma il tempo è fatto per essere sprecato. Che ci vuoi fare? Non sempre si può andare a tutta birra. Ci si ferma e si riparte. Tocchi la vetta e poi sprofondi in un buco nero. Avete un gatto? O dei gatti? Quelli dormono, ragazzi. Possono dormire venti ore al giorno e hanno un aspetto meraviglioso. Loro lo sanno che non c'è niente per cui agitarsi. Il prossimo pasto. E qualcosina da uccidere qua e là. Quando mi sento lacerato dentro, mi basta uno o più dei miei gatti. Sono nove. mi basta guardarne uno mentre dorme o sonnecchia per rilassarmi. Per me la scrittura è come un gatto. Mi consente di affrontare tutto il resto. Mi fa sbollire. Almeno per un po'.

Nella vita ci sono migliaia di trappole e in molte ci cadono quasi tutti. L'idea, però, è di evitarne il più possibile. Serve a restare il più possibile vivi finchè non si muore.

Non è nemmeno una fine così ignobile. E' soltanto merda che gli dei ti rovesciano addosso.




C. Bukowski - Il Capitano è fuori a pranzo

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