giovedì 3 marzo 2011

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"Siamo due, il contrario di uno e della sua solitudine sufficiente."

"Le nostalgie sono malarie che hanno bisogno dell'umido degli occhi. I miei erano asciutti come l'esca di totano. Quelli che hanno qualcuno da un'altra parte hanno inventato i ponti. E' una costruzione che non mi sarebbe mai venuta in mente. E' male vedere uomini che a sera si passano una mano sulla faccia per asciugarsi un rosso di palpebre. E' bene che gli uomini abbiano sentimenti da lacrime."

"E prima di arrivare alla stanza dei tronchi, nella macchina noi stretti vicini, tu sotto una coperta mi hai cercato la mano e l'hai tenuta. Ho stretto gli occhi per strozzare il tempo. Gli occhi ci riescono [...]
Ho amato e conosciuto i corpi accalorati e presi nell'avvinghio, ma quella mossa tua è una bandierina piantata in mezzo al vento di una cima, dove non si può più salire in alto verso un'intimità maggiore, dove quella raggiunta è inabitabile. Da lì bisogna scendere. Così so dire adesso. Allora la tua mano è stata la congiunzione e, la particella che sta tra due nomi e li accoppia più di abbracci e baci. La tua mano minuta serrata nella mia inutilmente larga, serrata a serratura chiudeva noi due dentro e tutti gli altri fuori.
All'arrivo non volevo lasciarla, non  io per primo, dovevi farlo tu [...]
Ce ne ho messo a ripetere che era tutto, che per poco che era stato reggegva la pienezza dell'intero. Non capisco in tempo, ho bisogno di andare e ripassare sopra l'evidenza per ammetterla e dimenticarla."

Meidl,o meidl ich’ll bai dir fregen
vos ken wachsen,wachsen on regen
vos ken brenen un nit oifheren
vos ken beinken,veinen on treren?
Narisher boker vos darfst du fregen
a shtein ken wachsen wachsen on regen,
liebe ken brenen un nit oifheren
ein hartz ken beinken,veinen on treren.

Ehi tu ragazza dimmi se sai
cosa può nascere anche senz’acqua,
cosa può ardere senza estinzione,
e soffre e piange senza lacrime.
Sciocco ragazzo,cosa mi chiedi?
Senz’acqua  crescere potrà una pietra
senza estinzione brucia l’amore
e senza lacrime soffre e piange un cuore.
(Canzone popolare Yiddish)

"Non lo sapevo com'era il guasto della sua mancanza. La ragazza passava via da me e uno schifo di dolore mi pigliava, ero rincitrullito a indolenzirmi tanto, a lacrimare dietro i pugni stretti. Uno che sceglie di stare con la moltitudine, può mai farsi azzoppare dalla perdita di intimità con una persona sola? Non gli basta fare coppia con i molti? La sorpresa di non sedermi accanto, di sedermi e basta, di parlare agli altri e non guardarla mentre mi ascoltava, la sorpresa di parlare e basta, e tutto il resto del dafarsi senza una sua parola, il dafarsi e basta, mi faceva sbandare, la sorpresa. La solitudine che fa i peggiori agguati nella gioventù, l'avevo contrastata con lei o con la comunità dei molti arrabbiati di giustizia? Allora non lo sapevo e oggi non lo so più, ma ci dev'essere stata un'ora mia per conoscere di cosa era fatto il rovescio delle solitudini, il contrario di uno.
[...] Un anno da loro lontano ed ero rivoltato fino allo stordimento, ma dov'ero stato , da che guerra punica tornavo così rimbambito? Ammaccato negli occhi davo colpa all'amore che non allentava la presa neanche negli urti di piazza. Anzi proprio in quelli volevo dimostrare che era tutto finito, che non m'importava di lei e invece dimostravo ch'era della mia vita che non m'importava.
[...] mi sedetti comodo sempre con quella fitta di mancanza al fianco e mi presentarono una bella sottana di paglia intorno a un vetro, di cognome Chianti, la presi per il collo e mi versai dalla sua bocca il primo bicchiere di vino della vita. L'assaggiai, aspro, io digiuno e traditore d'acqua: il guasto in bocca affiorò sulla faccia con una smorfia tesa agli zigomi. La trattenni, era maschera che mi serviva, briglia e morso.
Un principio di mitezza mi staccò la pena dal fianco, durò poco più di niente.
[...] Nel periodo seguente ho provato a fare col mio corpo il miracolo delle nozze di Cana. Pieno d'acqua volevo trasformarlo in pieno di vino. Non con un colpo solo, ma con regolare sostituzione dei liquidi, bevendone tanto quant'acqua pesavo. Mi riuscì in parte, solo con il cranio. Alla fine dell'esperimento l'avevo affogato. Insieme a lui in fondo allo stesso stagno di vino c'era il corpo dell'amore perduto, una ragazza coi capelli sciolti stava immobile senza dare più unghiate ai miei tendini, nervi.
C'è voluta più tardi l'epatite virale per riportarmi all'acqua e alle papille vergini. Fu un anno di intervallo e poi daccapo. Da allora il vino è solo compagnia, per pareggiare la giornata con un bicchiere alzato al livello degli occhi. Per uno che beve di sera i sorsi sono baci a tutte le donne assenti, e gli occhi che si chiudono, un inchino."

E. De Luca - Il contrario di uno

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