martedì 25 gennaio 2011

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Voleva bene ai libri, tutti. Gli piaceva  la forma, l'ingegnoso sistema delle pagine sottili legate lungo la costola, capaci di contenere tanta materia narrata. "La morte è il Messia, ha scritto Isaac Singer. E' proprio questo per me. In mancanza di fede l'aspetto con questa sola ansia: capire i libri. Ognuno capirà quelli che ha amato. Saprò quali avrei dovuto rileggere, quali ho mancato di conoscere. Mi aspetto dalla morte una biblioteca sterminata e anche la buona vista della gioventù".
Gli chiedevo se pensasse di ricevere anche quelli che sarebbero stati scritti dopo di noi. "I libri sono il sempre. Chi li scrive può credere di lasciarli ai contemporanei, ai posteri, ma mentre scrive tutto il passato è dietro le sue spalle a leggere. Se non c'è questo angelo del tempo trascorso, se non c'è il suo artiglio sul collo del poeta, le sue parole sono subito cenere. Se non si scrive per essere letti dagli antenati, non resta impresso niente sulla carta."
[...]
Di giorno parlava di libri. "Conoscevano le mie pene, i bisogni, gli scontenti. In ognuno di loro c'era una frase, una lettera che era stata scritta solo per me. Sono stati la vita seconda, che insegna a correggere il passato, a dargli una presenza di spirito che allora non ebbe, a dargli un'altra possibilità. I libri insegnano ai ricordi, li fanno camminare. Li ho letti per intero, non ne ho lasciato nessuno a mezzo, per quanto fosse deludente o presuntuoso l'ho seguito fino all'ultima linea. Perchè è stato bello per me girare la pagina letta e portare lo sguardo in alto a sinistra, dove la storia continuava. Ho girato il foglio sempre alla svelta per proseguire da quel primo rigo, in alto a sinistra. Questo mi mancherà del mondo, mi mancherà più di te, delle tue cure e delle notti di bridge con cui mi hai fatto uscire dal dolore delle ossa. I libri sono un carattere ereditario e credo di avertelo trasmesso. Non li ami come me, sei esigente, cerchi tra essi le pagine che restano incise nella memoria, infilzate come farfalle. Ma non dire che le altre, le dimenticate, sono da non leggere. Molto è portato via dal caso, quello che resta è appunto solo questo, un resto che non dimostra e non sostituisce niente di quello che si è perduto. Ami le pagine assolute, le necessarie, al riparo dei gusti. Ma i libri siamo noi, gente che si ammala, si sfilaccia, ingiallisce e viene dimenticata. Sono a immagine della nostra vita. Ama un poco anche i libri del tuo tempo, ama un poco i tuoi anni che sono quelli che passano e non quelli che ti restano."
"Non ci riesco. Mi irrita nei contemporanei quello che apprezzo negli antichi, la leggerezza che fa da spinta al leggere, Ho un quaderno su cui ricopio le frasi che mi hanno fatto scattare, che mi hanno fatto voltare indietro e forzare le cose risapute da una diversa breccia. Le pagine che cerco hanno questo effetto: un paio di occhiali giusti sul naso di un bambino che fino a quel momento non aveva mai saputo di essere miope. Allora si accorge degli occhi del suo cane, dell'artiglio del gatto, della gola tesa del gallo che grida. Di frase in frase il quaderno cresce e contiene non i libri, ma la felicità incontrata. Così divento contemporaneo delle pagine amate e non dei miei anni".
"Lo credi ma non è così. Si può stare solo nel tempo assegnato e la tua antologia deve aiutare ad abitarlo [...] Uno solo di noi fu il primo, ma tutti potremmo essere gli ultimi. Poi si arriva a questa sala d'attesa, attaccati a un impianto a goccia nelle vene, e ci si aggiusta al rango di penultimi. Perciò ti dico di amare un poco di più il tuo tempo, perchè potrebbe essere quello del Messia. Allora uscendo di casa al mattino per andare al cantiere metterai le spalle a nord e vedrai spuntare quel giorno dietro le case, il profilo dei campi, dietro il recinto, a est, in alto a sinistra".

E. De Luca - In alto a sinistra

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